Guido Falgares sommelier relatoreA.I.S. sicilia 

IL VINO E' RELAZIONE   

Il vino è relazione! Non si tratta di uno slogan o di una breve frase retorica, la mia è un’affermazione pensata, sentita, elaborata nel corso degli anni, e che, per questo, vorrei argomentare. A proposito del linguaggio per descrivere i vini

Utilizzo, spesso, “espressioni già impiegate da altri” per descrivere alcuni vini, o varietà di essi, per descrivere, sempre con gli stessi termini, altre varietà di vini. Sembrerebbe un improprio trasferimento di termini. C’è un errore in questa ipotesi ed è di natura metodologica. Io ritengo, infatti, che la descrizione del vino (che è soprattutto un fatto interpretativo) sia, in altre parole, il risultato complesso (in senso epistemologico) di un processo sia induttivo (processo per il quale sulla base della gamma dei termini normalmente impiegati per descrivere i vini in generale estrapoliamo quelli necessari per descrivere quello specifico vino e non un altro), ma anche deduttivo (processo per il quale le emozioni, che poi diventano parole, evocate da quel particolare vino si riconnettono all’insieme più o meno vasto di termini generali per descrivere tutti i vini). E’ dunque un processo circolare, creativo dal generale al particolare, dal descrittivo all’interpretativo e viceversa.

Utilizzo, spesso, espressioni considerate lontane da quel ventaglio di parole ormai note e stranote (fruttato, floreale, speziato …..mela, pera, rosa, rosa canina, vaniglia, cannella…….come se la sensazione indotta dai costituenti sapidi ed odorosi del vino, peraltro fenomeno assolutamente soggettivo, e la successiva percezione, cioè interpretazione della sensazione,  fossero da soli condizione sufficiente a creare uno stato emotivo ) di cui ci riempiamo la bocca e che ti permettono, con un numero alquanto ristretto di termini, di scrivere articoli e con essi riviste e libri guida. Incapaci però di riuscire ad esprimere verbalmente e per iscritto le vere emozioni che il vino evoca (almeno su questa capacità che ha il vino spero che saremo tutti d’accordo). Trovo che tutto ciò limiti, soprattutto, la nostra capacità di trasferire agli altri la ricchezza plurima, infinita, complessa del significato del gusto. E’ vero, possiamo ridurre tale ricchezza riconducendola, per comodità, ad una serie di segni linguistici che rimandano a loro volta ai significati personali che il nostro contatto col vino evoca. Ma si tratta di una prassi vincolante, parcellizzante, che ingabbia la fantasia, la creatività e, soprattutto, la dimensione più profonda di una qualunque relazione: la soggettività.

Perché, invece, non utilizzare come strumento diagnostico e come strumento interpretativo per valutare la qualità di un vino, per poi infine trasmetterla agli altri, l’ equazione soggettiva, quella competenza tutta umana che è il nostro patrimonio emotivo, la capacità che abbiamo di avviare quegli itinerari personali, simbolopoeitici per certi versi, che si riattivano quando il vino arriva al palato dando origine a quello straordinario stato emotivo che è l’insieme dei nostri ricordi, di quello che siamo, delle nostre esperienze. Tutte dimensioni che vanno trasmesse, devono essere trasferite, perché si realizzi un processo informativo

Faccio qualche esempio:  ……ha un impatto odoroso contraddittorio, superata questa fase un po’ sporca sa donare una grazia e una continuità che legano naso e bocca… (extrapolata da “Porthos”)

….in bocca l’impatto è vigoroso, la progressione ed il finale non corrispondono alle aspettative, il vino sembra implodersi……..

Si potrebbero fare tanti altri esempi…. Altrimenti, limitandoci al solo utilizzo di una piccola gamma di parole, il rischio è che per comprendere le differenze ci “fissiamo” alle virgole, alla punteggiatura, alla singola parola in più o meno, perdendo però il contributo tutto personale che chi assaggia il vino deve saper trasmettere.

Concludo ricordando che, come dice qualcuno, il vino e le sensazioni che riesce a provocare rimandano all’unicità della poesia. Ogni vino è in fondo una poesia, non sintetizzabile o classificabile nosograficamente. Non potremmo che perderne l’unicità.

Guido Falgares