Doc
Sicilia, un grande calderone poco utile
di Luigi Salvo
Nel Maggio del 1999 nel capitolo
introduttivo della Guida che pubblicai con il titolo ”I
migliori Vini di Sicilia” feci menzione di un’idea che
allora iniziava a paventarsi, l’istituzione di una generica
DOC Sicilia e nel Novembre del 2001 scrissi un articolo per il
portale Tigulliovino dal titolo “Sicilia
nuova frontiera del vino di qualità”, il pezzo dopo avere
descritto con dovizia la Sicilia enologica terminava in questo modo:
“Da qualche anno è in progetto la creazione di una grande
D.O.C. Sicilia, allo scopo di poter meglio accreditare la produzione
vinicola siciliana, che ha nobili tradizioni e guarda al futuro,
facendole conquistare sempre più ampi spazi di mercato e
valorizzandola ancora di più nel panorama enologico mondiale. La
DOC Sicilia potrebbe essere utile a questi scopi,
personalmente non credo, il percorso è comunque iniziato”.
Era il 2001 e la trovata della DOC Sicilia era già
in cantiere, si legga bene, “da qualche anno!!!”.
Nel 2009, quest’ idea che preciso subito non vedo per niente di
buon occhio, a distanza di ben oltre dieci anni è ancora allo
stadio di discussione. Si disquisisce ancora, ed ai più non è
chiaro, se realmente la DOC Sicilia possa essere utile o meno a portare
nuove fette di mercato, in buona sostanza, a vendere tutto quel vino
(di scarsa qualità) che rimane invenduto nelle cantine isolane.
L’iter di questa ormai famosa DOC
“calderone” all’interno della quale dovrebbe trovare posto
di tutto un po’, ha subìto una spinta ai primi di Dicembre
del 2008, quando l’assessore regionale all’Agricoltura, Giovanni
La Via, nel corso di un incontro con i rappresentanti di
Assovini Sicilia, dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino,
del mondo cooperativo e delle organizzazioni di categoria, ha
proposto loro il marchio unico sul territorio regionale, la
Doc Sicilia appunto, che secondo l’assessorato è in
grado di differenziare e tutelare i vini Siciliani sui mercati
nazionali e internazionali con l’utilizzo del “brand Sicilia”. Al
primo incontro si sono susseguite una serie di riunioni e
l’accordo che sembrava essere stato raggiunto tra tutte le parti
interessate, ovvero mondo della cooperazione e aziende private
ad oggi è tutt’altro che sancito. L’ultimo incredibile
compromesso raggiunto prevedeva una Doc Sicilia allargata a
chiunque ne facesse richiesta, anche fuori regione, in modo da non ledere
gli interessi delle cantine sociali che sulla vendita del vino
sfuso basano la maggior parte del proprio guadagno. Questa posizione
era emersa nel corso dell’ultimo ”conclave” svoltosi al
Museo Civico di Gibellina, tra i rappresentanti delle cantine
sociali, fra i quali Dino Taschetta della Colomba Bianca e Nino
Inzirillo dell’Alto Belìce, produttori privati quali Giacomo
Rallo di Donnafugata e Diego Planeta presidente di Assovini, tecnici con
il presidente di Assoenologi Carlo Ferracane, istituzioni con
il dirigente dell’assessorato regionale Agricoltura Giuseppe Bursi,
ed il direttore dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino
Dario Cartabellotta, posizione che sembrava già concordata, sulla
quale però alcuni dei presenti hanno espresso delle perplessità,
altri netta contrarietà. A questo punto, dato lo stato
di confusione generale, la DOC Sicilia ha tempo per essere decisa e
formulata sino al 31 luglio di quest’anno, se entro questa data,
la Sicilia non formalizzerà le proprie richieste con il sì
del 66% dei produttori dell’Isola, l’idea si sgonfierà
definitivamente.
Sin dal primo momento, una decina di anni fa, la
possibilità della creazione di una generica DOC Sicilia mi ha
assolutamente lasciato perplesso, non credo sia lo strumento più
corretto per ottenere gli scopi che ci si vuol prefiggere. Il
concetto di Denominazione d’origine controllata esprime il nome
geografico di una ristretta zona viticola particolarmente vocata con particolari
caratteristiche di “terroir”. Con il termine “terroir”
s’intende la perfetta interazione tra le condizioni climatiche
della singola zona, le caratteristiche pedologiche locali ed il
comportamento del vitigno coltivato in quell’ambiente. Per
spiegarlo in maniera più estesa le caratteristiche morfologiche
della zona di coltivazione, montuosa, collinare o pianeggiante,
l’esposizione alla luce, la presenza di laghi o fiumi, la
composizione del suolo, l’importante incidenza delle escursioni
termiche durante la giornata sulla qualità delle uve, ecc., tutti
questi parametri sono fondamentali per la caratterizzazione di un
vino e della DOC di riferimento.
Il terroir, d’altronde, è il fondamento delle
direttive europee riguardo le Denominazioni d’Origine, che hanno
lo scopo di indicare la provenienza dei vigneti dai quali nasce il
vino DOC, questi vigneti devono essere regolarmente iscritti
all’albo della zona indicata. Tutto quanto riassunto è
decisamente in contraddizione con la creazione di una generica DOC
Sicilia, la quale proprio perché comprenderebbe l’intero
territorio di una regione non potrebbe certamente esprimere le
caratteristiche che danno vita alla Denominazione d’Origine. La
Sicilia è un continente vinicolo, si vendemmia dai primi di Agosto
nelle zone calde ed assolate del trapanese, fino a fine Novembre
nelle zone più alte e fredde dell’Etna, il consumatore
medio non ha certamente l’anello al naso, si è evoluto ed a mio
modo di vedere una generica DOC Sicilia non sarebbe
sicuramente l’optimum.
Qualche mese fa in maniera nettamente
sfavorevole si era già espressa l’Assoenologi Sicilia in
questi 12 punti ,alcuni dei quali personalmente sottoscrivo in
pieno:
1. Non è chiaro chi sono i soggetti che si
avvantaggerebbero con la Doc Sicilia. Sicuramente poche aziende, al
massimo 6 o 7, con esclusione di molti altre, compreso le Cantine
Sociali, che non hanno un mercato consolidato e che comunque, in
ogni modo, stanno facendo innumerevoli sforzi per il posizionamento
2. Sarebbe opportuno proporre una DOC regionale ma
dal nome TRINACRIA, lasciando così in vita l’I.G.T. Sicilia, che
ha un proprio mercato (i maggiori produttori di vino I.G.T. Sicilia
sono le cantine Sociali che detengono l’80 % della produzione
regionale, non solo come uve ma come prodotto regolarmente
classificato I.G.T., oltre a vini da tavola generici)
3. L’attuazione e la nascita di un eventuale
consorzio di tutela e di controllo della DOC SICILIA, richiederebbe
tempi molto lunghi, dal momento che anche le Camere di Commercio
sono lente nel rilascio delle certificazioni e di rivendicazioni del
prodotto I.G.T e vista la scarsa efficienza dei consorzi esistenti
in Sicilia
4. Leggendo attentamente il disciplinare di
produzione della DOC SICILIA, preparato dall’Assessorato Regionale
all’Agricoltura, si evince, che è stato redatto in modo
superficiale da persone fuori dal contesto produttivo. Non sono
citati, ad esempio, i “vitigni minori”, sia bianchi sia rossi e
“non si specificano quali sono le varietà aromatiche”,
includendo nella singola voce erroneamente le varietà insolia,
grillo, chardonnay e fiano, “che non sono aromatiche”, ed
inoltre manca la dizione “passito ottenuto da uve rosse” e la
citazione delle uve stesse
5. Sarebbe opportuno darsi un lasso di tempo di 10
anni affinché si possa spingere una qualificazione del prodotto
regionale, sia esso ad IGT e sia le per 22 DOC già esistenti,
(escludendo la DOCG Cerasuolo di Vittoria) verso una nuova e
ulteriore qualificazione del prodotto, innalzando l’attuale soglia
di confezionato dall’attuale 15%, al 25 – 30%
6. Gli attuali imbottigliatori dell’Italia
settentrionale, che comprano in Sicilia e che confezionano nel
territorio regionale potrebbero non essere più interessati ad
acquistare vini ad I.G.T. Sicilia, ciò causerebbe la fine della
commercializzazione di vini acquistati presso le Cantine isolane,
che al momento producono oltre un milione di ettolitri di vino ad
I.G.T. Sicilia. Ci si chiede a questo punto: a chi gioverebbe il
fallimento del mondo cooperativistico in Sicilia, senza perseguire
più i principi di sussidiarietà, assistenziale e di mutualità?
7. Bisognerebbe puntare sul “brand istituzionale
– Sicilia”, che dovrebbe essere di proprietà della Regione (es.
grappolo, isola etc.) riportando questo bollino sulle etichette di
tutta la produzione vinosa
8. La regione attraverso i P.S.R. dovrebbe
attivarsi immediatamente a spingere le cantine sociali verso gli
“accorpamenti”, per la creazione di grossi poli di
commercializzazione, in grado di sostenere ed affrontare i processi
di posizionamento e di qualificazione del prodotto siciliano,
competendo con altri poli del nord Italia, europei e mondiali
9. La Regione Sicilia deve attuare piani di
valorizzazione e di promozione delle produzioni vitivinicole,
attraverso delle campagne promozionali mirate in tutto il mondo,
utilizzando i fondi Comunitari, che in ultima analisi
significherebbe perseguire “non la politica dei prezzi”, ma la
politica del “brand territoriale”, legando il marchio al
“territorio di produzione” individuato e circoscritto
10. Il marchio o brand Istituzionale non potrà
essere utilizzato da aziende operanti in territorio diverso dalla
regione Sicilia, ma che comunque potranno acquistare e vendere il
vino a I.G.T. Sicilia
11. I nostri viticoltori, qualora verrebbe ad
essere attuata la Doc Sicilia, sarebbero testimoni inconsapevoli di
una “debacle” e della mortificazione della propria dignità di
viticoltori, lasciando a pochi il compito di segnare il proprio
destino e quindi la scomparsa della viticoltura siciliana a
vantaggio di un corpuscolo di aziende, che al momento hanno un
mercato consolidato, ciò significherebbe quindi, la fine delle
Denominazione d’origine, come già avvenuto in passato per il
“Marsala”
12. L’attuale I.G.T. Sicilia andrebbe
modificata, includendo la possibilità di riportare in etichetta
almeno “quattro varietà” di uve anziché “due” come
attualmente disciplinato dal decreto del Ministero delle Risorse
Agricole del 10.10.1995 modificato dal D.M del 24 marzo 1997
Il presidente di Assovini Diego Planeta ha preso
posizione favorevole alla nascita della DOC Sicilia ed ha inviato a
tutte le aziende socie una lettera nella quale riassume i punti
che giustificano l”istituzione della DOC: 1) Poter avere
accesso ai fondi europei Ocm tramite la creazione di un Consorzio di
Tutela e fare azioni di promozione territoriale forti ed efficaci
sulla Doc Sicilia
2). Protezione del marchio “Sicilia” 3) Fare crescere la
categoria dei vini Siciliani nel suo valore percepito: i piccoli e
singoli produttori potranno sfruttare nel mercato il brand Doc
Sicilia senza dover impiegare somme importanti per affermare i loro
singoli marchi, contribuendo inoltre a fare “sistema” tra le
aziende 4) La possibilità di valorizzare meglio i singoli territori
(zone di eccellenza) con l’inserimento in etichetta del
brand Sicilia accanto ai nomi delle attuali Doc (Doc Sicilia Delia
Nivolelli, Doc Sicilia Contessa Entellina). Le Doc con le
denominazioni più conosciute potranno mantenere la loro
denominazione attuale se lo vorranno 5) La possibilità di
controllare meglio i dati di produzioni con l’inserimento delle
fascette. Scoraggiando quindi eventuali imbottigliatori senza
scrupoli 6) Migliore controllo sui vigneti e sulle produzioni
che vorranno rivendicare la Doc 7) Ovviare ai riflessi negativi
delle nuove norme sull’etichettatura e di una eventuale Igt Italia
Il nodo fondamentale resta la possibilità
dell’imbottigliamento fuori regione, una scelta che tanti non
gradiscono, la stesura dell’ultimo disciplinare in ordine di tempo
prevede che chiunque abbia imbottigliato Igt Sicilia fuori dal
tettitorio regionale per almeno due anni, anche non consecutivi,
negli otto anni precedenti all’entrata in vigore della DOC sicilia,
potrà godere di una deroga di 5 anni (prorogabili) “che consenta
loro di continuare l’imbottigliamento fuori zona di produzione.
Che dire, per chi come me non fa altro che testare migliaia di vini
all’anno, la qualità e la piacevolezza sono gli elementi che in
un vino sono assolutamente da ricercare, caratteristiche che
certamente la Doc Sicilia non sarebbe in grado di garantire,
anzi direi esattamente il contrario, per cui come scrissi oltre
dieci anni fa ribadisco il concetto (copio ed incollo) “La
grande D.O.C. Sicilia avrebbe lo scopo di poter meglio
accreditare la produzione vinicola siciliana, facendole conquistare
sempre più ampi spazi di mercato e valorizzandola ancora di più
nel panorama enologico mondiale. La DOC Sicilia potrebbe essere
utile a questi scopi, personalmente non credo”.
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