"Sicilia En Primeur 2008"  intervento del Prof. Attilio Scienza

Il senso dell’identità : il paradigma del vino siciliano

Lo stile è l’espressione originale di un periodo culturale,di un modo di fare musica o di vestirsi,di un comportamento. Ci si chiede se il vino prodotto oggi in Sicilia,ne trasmette uno riconoscibile. Purtroppo la risposta è spesso negativa: l’isola presenta una molteplicità di stili che non sono solo l’espressione dei numerosi terroir o dei vitigni autoctoni davvero molto originali, ma soprattutto delle tecniche di vinificazione che sempre più li fanno assomigliare tra loro. Mettiamoci nei panni di un consumatore tedesco o inglese in procinto di degustare un Merlot dall’intenso gusto vanigliato o uno Chardonnay dall’impronta legnosa ,prodotti in Sicilia o in qualsiasi luogo del mondo: difficilmente li distinguerà. Il mercato internazionale costruito con abilità,dai produttori del Nuovo Mondo,sul modello francese,ha decisamente condizionato le scelte tecniche dei produttori siciliani,che pur di correre dietro ai gusti altrui spesso  hanno rinunciato ha proporre un loro stile. Un grande artista ha affermato che per diventare universali è necessario essere locali: il vino siciliano ha bisogno di non perdere lo stile originario, autentico il cui imprinting qualitativo lo faccia riconoscere immediatamente dal consumatore straniero e da questo scelto per la sua irripetibilità .

“Prova qualcosa di nuovo, oggi” è il messaggio della più grande catena di distribuzione inglese. Può sembrare paradossale ma questa tendenza sta portando molti Paesi a valorizzare il concetto di territorio, non nella accezione comune alla quale ci siamo conformati in questi anni, di origine geografica e di caratteristiche pedo-climatiche,ma quello rappresentato da fattori umani e rivendicata da comunità portatrici di memorie. Tra i tanti vini prodotti da uno stesso vitigno, e quelli più noti e diffusi nel mondo non sono più di una decina,la novità è rappresentata appunto dallo specifico ed univoco territorio di provenienza. Dopo anni spesi alla ricerca della cosiddetta consistency, uno stile consolidato, svincolato dagli andamenti stagionali e dalle caratteristiche del pedoclima, il Nuovo Mondo ha scoperto l’importanza del territorio. Questo ritorno alle origini, al valore che viene finalmente riconosciuto al luogo della produzione, rivaluta il ruolo della tradizione o meglio della sua corretta interpretazione, antidoto agli effetti della globalizzazione, senza però farci imprigionare dal fondamentalismo di chi ha rifiutato l’innovazione portata dal progresso scientifico. Anche se il mondo in continuo cambiamento rende incerti i legami culturali ed induce la gente a mettere in discussione le proprie radici, costringendola ad adottare regole altrui, il modo per evitare che la standardizzazione possa portare alla scomparsa di culture, è quello di inventare nuove forme culturali, quello che gli antropologi chiamano “edge effect”, effetto di bordo, espressione usata per descrivere  quel che accade quando due culture differenti si incontrano: ai margini spesso succedono le cose più interessanti. La Sicilia è il risultato di tanti apporti culturali provenienti da ogni angolo del  Mediterraneo: un margine che con il tempo è diventato un centro e che ha elaborato ,mescolando in forme originali, ciò che giungeva da sistemi diversi. Un esempio musicale può far ben comprendere questa affermazione. Nelle Suite per violoncello di Bach, c’è un movimento di danza chiamato sarabanda. La sarabanda ha avuto origine dalla  musica dei Berberi per accompagnare una danza lenta e sensuale. Passata in Spagna fu proibita perché considerata indecente,lasciva. Gli spagnoli l’hanno portata nelle Americhe ed  in Francia,divenendo una danza di corte. Nel 1720 Bach ha usato la sarabanda come uno dei movimenti delle sue suite. A chi appartiene allora la sarabanda ? Adottata da tante culture diverse,ognuna l’ha investita di significati particolari: in realtà questa musica  è ora di tutti,ma solo Bach l’ha nobilitata. Così è per il vino siciliano. E’il risultato di apporti di vitigni e tecniche enologiche dalle origini  lontane e misteriose, che presi singolarmente appaiano incompiuti e solo nell’isola trovano una sintesi perfetta, una fusion tra prodotti, stilemi, linguaggi che bene appaga i desideri di eclettismo e di sincretismo del consumatore moderno. Eclettico è colui che si muove con disinvoltura combinando stili diversi, sincretico perché riesce a fonderli in modo armonico,realizzando una sintesi seduttiva.

Tra le mille anime di questa terra due in particolare non si sono mai fuse. Ad occidente sulle dolci ondulazioni di Trapani c’è ancora l’anima punica ed araba,dove la terra nasconde  tracce profonde di quei popoli africani, nei toponimi, nei nomi etnici, nei cibi, nel modo di coltivare la vite. Sul vulcano invece aleggia l’anima greca, retaggio di popoli lontani, fieri guerrieri, indomiti naviganti ed astuti mercanti ai quali l’Europa occidentale deve la scoperta del vino e la diffusione di molti vitigni ancora oggi coltivati nelle regioni più famose del continente. Ma non sono i paesaggi viticoli, ma quelli colturali, della mente che modulano le diversità. In nessun luogo d’Italia, in ogni vino si riconosce l’uomo, come in Sicilia. La grande storia della viticoltura siciliana è in definitiva il risultato di tante piccole storie, di un mosaico di comunità, di valli, memorie, isole culturali, contrade che si sono formate dalla stratificazione di esperienze e popoli che via via la grande storia, quella delle guerre, dei trattati, delle corti espelleva dai luoghi di grande transito, dai porti, dalle città dei commerci e respingeva sulle montagne all’interno dell’isola. E nelle zone più lontane, gli espulsi dalla storia trovavano rifugio conservavano e coltivavano gli innumerevoli vitigni che erano giunti da lontano. I vini di una terra non sono merce ma racconti di vita: descrivono i luoghi che li producono in modo più esauriente di qualsiasi libro di storia o di una guida turistica. Berli vuol dire diventare parte di quella terra. Ma qualcosa manca e questo qualcosa non è da poco. Manca la consapevolezza della propria forza che si potrà esprimere in questa viticoltura solo in una vera politica di sviluppo della cooperazione. I tempi sono però maturi per avvenga il cambiamento e nei prossimi anni anche le cantine sociali potranno partecipare al successo del vino siciliano, da protagoniste.   

L’annata 2007 con il suo bizzarro andamento stagionale ha ancora una volta confermato che il clima sta cambiando. L’elevata ed insolita piovosità  della tarda primavera ha innescato gravi infezioni di peronospora che hanno ridotto la produzione di uva rispetto al dato medio di circa il 40 % (6 milioni di q.li di uva contro i 9 della media). Durante la maturazione le temperature  altalenanti, con periodi freschi e venti sciroccali, unite a piogge improvvise hanno favorito le maturazioni delle uve, soprattutto dei vitigni rossi.

I vini bianchi appaiono ben strutturati,ricchi di profumi e di buona persistenza aromatica mentre quelli rossi sia quelli prodotti da vitigni internazionali che da quelli siciliani, presentano una insolita morbidezza accompagnata da colore, struttura, equilibrio ed un ricco corredo aromatico.

Anche i vini delle isole, Pantelleria ed Eolie, risultato di una vendemmia molto scarsa, sono molto concentrati, aromatici, alcolici.

Dal giudizio dei tecnici e degli assaggiatori di testate nazionali e straniere, i vini dell’annata 2007  presentano  una insolita  sintesi, per una regione mediterranea, di eleganza e grande struttura.   

Attilio Scienza